V&J #3 (Autunno 2013)

V&J #3 (Autunno 2013)


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Il 27 ottobre 1986, nella giornata di preghiera per la pace di tutti i leader mondiali delle religioni convocata ad Assisi da Papa Giovanni Paolo II, si realizza un «evento creativo» tra i più importanti del XX secolo1. Questi capi religiosi pregano non più «gli uni contro gli altri», ma «gli uni accanto agli altri», non «insieme» onde evitare un’indebita confusione, ma «contemporaneamente» per esprimere visibilmente al mondo intero il legame intrinseco che unisce l’autentico atteggiamento religioso con il grande bene della pace. Con vinto che questo «spirito di Assisi» debba espandersi ed approfondirsi in riflessioni e dialoghi, due anni dopo lo stesso pontefice afferma:

«Le nostre preghiere, le nostre volontà di pace, sembrano piccola cosa di fronte al dispiegarsi delle logiche di potenza, eppure costituiscono una preziosa riserva di energie spirituali e umane che salvaguarda il mondo dall’inquinamento della violenza ed offre una ispirazione ed un incoraggiamento ai costruttori di pace. Il mondo ha bisogno infatti di costruttori di pace»2.

Inoltre, in sintonia con lo «spirito di Assisi» e con tutto il magistero sulla pace e sulla tutela dei diritti umani di Giovanni Paolo II, l’Istruzione Dialogo e annuncio, pubblicata in occasione del 25° anniversario della promulgazione della Dichiarazione conciliare Nostra aetate riafferma a chiare lettere che: «L’importanza del dialogo per lo sviluppo integrale dell’uomo, per la giustizia sociale e per la liberazione umana deve essere messa in rilievo. Le chiese locali sono chiamate a impegnarsi a tal proposito – come testimonianza di Cristo – in maniera generosa e imparziale. Bisogna battersi per i diritti umani, sostenere le richieste di giustizia e denunciare l’ingiustizia non soltanto quando ne vengono colpiti i membri della singola chiesa, ma indipendentemente dall’appartenenza religiosa delle vittime. Bisogna anche unire le forze nel tentativo di risolvere i gravi problemi che minacciano la società ed il mondo e nell’impegno all’educazione alla giustizia e alla pace»3.

L’appello di Giovanni Paolo II a voler «unire le forze», a voler continuare e rinnovare l’impegno nel dialogo e nella preghiera per la pace fra tutti i popoli, che non si dà senza la ricerca del bene comune di ogni società civile, è ripreso ed approfondito a livello filosofico e teologico dal suo successore, Papa Benedetto XVI, che con grande lucidità e coraggio nel suo discorso al Reichstag di Berlino, lo scorso 22 settembre 2011, afferma:

«In gran parte della materia da regolare giuridicamente, quello della maggioranza può essere un criterio sufficiente. Ma è evidente che nelle questioni fondamentali del diritto, nelle quali è in gioco la dignità dell’uomo e dell’umanità, il principio maggioritario non basta: nel processo di formazione del diritto, ogni persona che ha responsabilità deve cercare lei stessa i criteri del proprio orientamento… Ma nelle decisioni di un politico democratico, la domanda su che cosa ora corrisponda alla legge della verità, che cosa sia veramente giusto e possa diventare legge non è altrettanto evidente. Ciò che in riferimento alle fondamentali questioni antropologiche sia la cosa giusta e possa diventare diritto vigente, oggi non è affatto evidente di per sé. Alla questione come si possa riconoscere ciò che veramente è giusto e servire così la giustizia nella legislazione, non è mai stato facile trovare la risposta e oggi, nell’abbondanza delle nostre conoscenze e delle nostre capacità, tale questione è diventata ancora molto più difficile »4.

Proprio perché in questo campo il raggiungimento di risultati positivi, giusti, non è evidente, da due anni ormai la rivista “Veritas et Jus. Semestrale interdisciplinare di Lugano” è al servizio di ogni uomo e ogni donna che desideri assumere le proprie responsabilità in ordine all’edificazione del bene comune del paese in cui vivono e della pace fra i popoli. Un servizio qualificato, scientificamente fondato, come emerge chiaramente dai contributi raccolti in questo terzo quaderno della rivista.

Afferma, infatti, il Card. Tauran, Presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, che nello «spirito di Assisi» tutti, «credenti» e «gentili», sono chiamati a riconoscere che ogni cre atura umana ha in sé il travaglio ed il desiderio di conoscere la verità nella libertà; gli fa eco il grande scrittore ebreo Dan Segre, che nel suo contributo sottolinea come lo «spirito di Assisi» sia necessario per superare la routine della propria tradizione sacra per sviluppare ritmi nuovi di educazione alla spiritualità della pace. Anche l’Imam Yahya Pallavicini è convinto che il 25° anniversario dello storico incontro di Assisi del 1986 debba spingere ad alzare l’asticella dei dialoghi interreligiosi ed interculturali: è necessario passare da iniziative socioprogrammatiche ad approfondimenti sistematici in campo filosofico, teologico e giuridico.

E ciò o lo si fa in Europa, in forza del suo ricchissimo patrimonio culturale, o difficilmente lo potranno fare altri. Infatti, come afferma Papa Benedetto XVI in chiusura del suo memorabile discorso di Berlino5, proprio in Europa, sulla base della «convinzione circa l’esistenza di un Dio creatore sono state sviluppate l’idea dei diritti umani, l’idea dell’uguaglianza di tutti gli uomini davanti alla legge, la conoscenza dell’inviolabilità della dignità umana in ogni singola persona e la consapevolezza della responsabilità degli uomini per il loro agire. Queste conoscenze della ragione costituiscono la nostra memoria culturale. Ignorarla o considerarla come mero passato sarebbe un’amputazione della nostra cultura nel suo insieme e la priverebbe della sua interezza. La cultura dell’Europa è nata dall’incontro tra Gerusalemme, Atene e Roma – dall’incontro tra la fede in Dio di Israele, la ragione filosofica dei Greci e il pensiero giuridico di Roma. Questo triplice incontro forma l’intima identità dell’Europa. Nella consapevolezza della responsabilità dell’uomo davanti a Dio e nel riconoscimento della dignità inviolabile dell’uomo, di ogni uomo, questo incontro ha fissato dei criteri del diritto, difendere i quali è nostro compito in questo momento storico».

La redazione tutta di “Veritas et Jus” fa proprio questo invito del Pontefice ed augura una buona lettura.