Anche gli ospiti hanno diritto di parola. Forma e rischi di un sinodo diocesano

Anche gli ospiti hanno diritto di parola. Forma e rischi di un sinodo diocesano


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Il 29 giugno 2012 mons. Stefan Ackermann, vescovo di Treviri, ha indetto un sinodo della sua diocesi. In tal modo ha optato per una forma giuridica che risale alla Chiesa antica e non per altre forme di partecipazione sinodale, che sono state attuate in altre diocesi negli ultimi anni. Dietro la decisione del vescovo può esserci stata la convinzione che, secondo la rinnovata situazione giuridica del Codice di diritto canonico oggi in vigore (cfr. cann. 460-468 CIC), il sinodo diocesano contiene delle forme e delle possibilità organizzative più flessibili, da cui possono derivare importanti impulsi pastorali, per quanto esso rappresenti nella vita di una Chiesa particolare un evento piuttosto straordinario e relativamente raro. Nella sua forma concreta esso dipende del tutto dal vescovo, che convoca il sinodo diocesano, lo guida, stabilisce i temi da discutere ed è l’unico ad avere potestà giuridica deliberante. Questo forte orientamento al ministero episcopale non può peraltro far passare in secondo piano il fatto che il sinodo diocesano si collochi al vertice degli organi consultivi di una Chiesa particolare, il cui compito è fornire al vescovo un utile sostegno in ordine al bene di tutta la comunità diocesana.